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Oltre le apparenze: perché le grandi civiltà antiche non costruivano meglio di noi (spiegato dalla psicologia)

Le costruzioni antiche evocano un senso di meraviglia e rispetto per la loro presunta solidità e durabilità nel tempo. Tuttavia, è importante sfatare il mito che nell’antichità si costruisse in modo superiore. Questo articolo si propone di analizzare criticamente tale convinzione attraverso e i concetti di Daniel Kahneman sulle percezioni cognitive.

Stasera, mentre scrivo questo articolo, devo scomodare un gigante della psicologia cognitiva, Daniel Kahneman, autore del libro Pensieri lenti e veloci e, tra le altre cose, vincitore del premio Nobel per l’economia nel 2002 per le implicazioni delle sue teorie alla finanza.

Quando si chiama in causa un pilastro della conoscenza umana, bisogna farlo per un motivo che quantomeno non sia banale. Penso, spero, che il mio sia sufficiente: spiegare una volta per tutte perché, nonostante a volte possa sembrare il contrario, non è vero che oggi non costruiamo peggio del passato, in particolare rispetto a civiltà da sempre prese ad esempio nel mondo delle costruzioni, come ad esempio i Romani.

Il punto di partenza: l’osservazione di J.E. Gordon

Il ragionamento che sto esponendo in questo articolo è nato una sera di alcuni mesi fa, mentre leggevo Structures, or why things don’t fall down di J.E. Gordon. Secondo l’autore, le costruzioni antiche che hanno resistito fino ai giorni nostri sono le uniche, rarissime nella galassia delle costruzioni realizzate da quando esiste l’Uomo, che sono state costruite e mantenute eccezionalmente bene nella storia. Il bias mentale che quindi si crea nella nostra testa quando pensiamo alle costruzioni antiche è che consideriamo solo quello che vediamo.

Questa prospettiva ci invita a esaminare criticamente la solidità delle costruzioni antiche, e già da sola potrebbe essere in qualche modo sufficiente a dimostrare la tesi di questo articolo. Sarebbe infatti sufficiente che qualche manciate di costruzioni contemporanee resistesse all’usura del tempo per qualche secolo per far dire ai nostri successori che noi costruivamo meglio di loro.

Risiede però nei concetti di Daniel Kahnemann la vera chiave di lettura del concetto che J.E. Gordon ha espresso nel suo libro.

Kahneman: il WYSIATI e l’euristica della disponibilità

Kahneman ha introdotto due concetti chiave per la nostra discussione: il WYSIATI (What You See Is All There Is) e l’euristica della disponibilità.

Il WYSIATI

Il WYSIATI suggerisce che tendiamo a trarre conclusioni basate solo sulle informazioni disponibili, ignorando il contesto completo. Questo è un processo mentale che porta ad errori cognitivi della mente umana in svariate situazioni. Il WYSIATI ci ricorda che le persone tendono a trarre conclusioni affrettate e spesso sbagliate basandosi solo sulle informazioni immediatamente disponibili, ignorando quelle mancanti o non evidenti.

L’euristica della disponibilità

L’euristica della disponibilità, d’altra parte, ci porta a sopravvalutare il peso dei pensieri facilmente richiamabili alla mente. Essa porta a giudicare la frequenza di un evento in base alla facilità con cui gli eventi ci vengono alla mente, e non in base all’effettiva informazione statistica.

I bias cognitivi applicati alle costruzioni

Questi bias cognitivi influenzano, tra le altre cose, la nostra percezione della solidità delle costruzioni antiche, portandoci a credere che siano più solide e durevoli di quanto non siano in realtà: da un lato, infatti, siamo portati, erroneamente, a credere inconsciamente che le costruzioni antiche rappresentino lo standard della tecnica costruttiva antica: pensiamo che tutti i palazzi Romani fossero costruiti con i metodi utilizzati per il Colosseo, pensiamo che l’Asia antica fosse costruita tutta come la Grande Muraglia Cinese.

La verità è che noi vediamo solo le pochissime strutture antiche che hanno segnato le loro epoche, e attraverso il WYSIATI pensiamo che per questo tutte le costruzioni antiche fossero eccezionali. Dall’altro lato, l’euristica della disponibilità richiama alla nostra mente molti esempi di costruzioni antiche molto ben conservate oggi; ma la vera domanda da porsi è: Quante sono davvero queste costruzioni? Sono davvero tante quante pensiamo? Oppure sono solo in numero sufficiente da fornire alla nostra mente la possibilità di avere sufficiente facilità di trovare esempi dimostrativi? Allo stesso tempo, ci vengono in mente molti esempi di difetti costruttivi nelle costruzioni moderne. Ma quanti sono rispetto alla moltitudine di costruzioni presenti?

Conclusioni

Sfatare il mito delle costruzioni antiche come intrinsecamente più solide e durevoli delle moderne è fondamentale per una comprensione accurata della storia dell’architettura e dell’ingegneria. Integrando la prospettiva di Gordon con i concetti di Kahneman, possiamo adottare una visione più equilibrata e critica sulla solidità delle costruzioni nel corso dei secoli. Questo ci aiuta a guardare oltre le apparenze e ad apprezzare appieno le sfide e le conquiste dell’ingegneria civile nel corso del tempo.

Sia chiaro, questo articolo non vuole in alcun modo svalutare le grandi opere del passato, testimoni silenziosi delle conquiste dell’Uomo, ma proporre una visione meno distorta dell’ingegneria e dell’architettura contemporanea.

Spero che questo articolo ti abbia dato un punto di vista quantomeno diverso rispetto a quello che avevi prima di leggerlo, e che ti abbia dato la possibilità di riflettere in modo più approfondito sull’argomento.

A presto!

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